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 PURGATORIO CANTO 9

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MessaggioTitolo: PURGATORIO CANTO 9   PURGATORIO CANTO 9 Icon_minitimeDom Feb 08, 2009 1:15 am

9. 1 La concubina di Titone antico
9. 2 già s'imbiancava al balco d'oriente,
9. 3 fuor de le braccia del suo dolce amico;

9. 4 di gemme la sua fronte era lucente,
9. 5 poste in figura del freddo animale
9. 6 che con la coda percuote la gente;

9. 7 e la notte, de' passi con che sale,
9. 8 fatti avea due nel loco ov'eravamo,
9. 9 e 'l terzo già chinava in giuso l'ale;

9. 10 quand'io, che meco avea di quel d'Adamo,
9. 11 vinto dal sonno, in su l'erba inchinai
9. 12 là 've già tutti e cinque sedavamo.

9. 13 Ne l'ora che comincia i tristi lai
9. 14 la rondinella presso a la mattina,
9. 15 forse a memoria de' suo' primi guai,

9. 16 e che la mente nostra, peregrina
9. 17 più da la carne e men da' pensier presa,
9. 18 a le sue vision quasi è divina,

9. 19 in sogno mi parea veder sospesa
9. 20 un'aguglia nel ciel con penne d'oro,
9. 21 con l'ali aperte e a calare intesa;

9. 22 ed esser mi parea là dove fuoro
9. 23 abbandonati i suoi da Ganimede,
9. 24 quando fu ratto al sommo consistoro.

9. 25 Fra me pensava: "Forse questa fiede
9. 26 pur qui per uso, e forse d'altro loco
9. 27 disdegna di portarne suso in piede".

9. 28 Poi mi parea che, poi rotata un poco,
9. 29 terribil come folgor discendesse,
9. 30 e me rapisse suso infino al foco.

9. 31 Ivi parea che ella e io ardesse;
9. 32 e sì lo 'ncendio imaginato cosse,
9. 33 che convenne che 'l sonno si rompesse.

9. 34 Non altrimenti Achille si riscosse,
9. 35 li occhi svegliati rivolgendo in giro
9. 36 e non sappiendo là dove si fosse,

9. 37 quando la madre da Chirón a Schiro
9. 38 trafuggò lui dormendo in le sue braccia,
9. 39 là onde poi li Greci il dipartiro;

9. 40 che mi scoss'io, sì come da la faccia
9. 41 mi fuggì 'l sonno, e diventa' ismorto,
9. 42 come fa l'uom che, spaventato, agghiaccia.

9. 43 Dallato m'era solo il mio conforto,
9. 44 e 'l sole er'alto già più che due ore,
9. 45 e 'l viso m'era a la marina torto.

9. 46 «Non aver tema», disse il mio segnore;
9. 47 «fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
9. 48 non stringer, ma rallarga ogne vigore.

9. 49 Tu se' omai al purgatorio giunto:
9. 50 vedi là il balzo che 'l chiude dintorno;
9. 51 vedi l'entrata là 've par digiunto.

9. 52 Dianzi, ne l'alba che procede al giorno,
9. 53 quando l'anima tua dentro dormia,
9. 54 sovra li fiori ond'è là giù addorno

9. 55 venne una donna, e disse: "I' son Lucia;
9. 56 lasciatemi pigliar costui che dorme;
9. 57 sì l'agevolerò per la sua via".

9. 58 Sordel rimase e l'altre genti forme;
9. 59 ella ti tolse, e come 'l dì fu chiaro,
9. 60 sen venne suso; e io per le sue orme.

9. 61 Qui ti posò, ma pria mi dimostraro
9. 62 li occhi suoi belli quella intrata aperta;
9. 63 poi ella e 'l sonno ad una se n'andaro».

9. 64 A guisa d'uom che 'n dubbio si raccerta
9. 65 e che muta in conforto sua paura,
9. 66 poi che la verità li è discoperta,

9. 67 mi cambia' io; e come sanza cura
9. 68 vide me 'l duca mio, su per lo balzo
9. 69 si mosse, e io di rietro inver' l'altura.

9. 70 Lettor, tu vedi ben com'io innalzo
9. 71 la mia matera, e però con più arte
9. 72 non ti maravigliar s'io la rincalzo.

9. 73 Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,
9. 74 che là dove pareami prima rotto,
9. 75 pur come un fesso che muro diparte,

9. 76 vidi una porta, e tre gradi di sotto
9. 77 per gire ad essa, di color diversi,
9. 78 e un portier ch'ancor non facea motto.

9. 79 E come l'occhio più e più v'apersi,
9. 80 vidil seder sovra 'l grado sovrano,
9. 81 tal ne la faccia ch'io non lo soffersi;

9. 82 e una spada nuda avea in mano,
9. 83 che reflettea i raggi sì ver' noi,
9. 84 ch'io drizzava spesso il viso in vano.

9. 85 «Dite costinci: che volete voi?»,
9. 86 cominciò elli a dire, «ov'è la scorta?
9. 87 Guardate che 'l venir sù non vi nòi».

9. 88 «Donna del ciel, di queste cose accorta»,
9. 89 rispuose 'l mio maestro a lui, «pur dianzi
9. 90 ne disse: "Andate là: quivi è la porta"».

9. 91 «Ed ella i passi vostri in bene avanzi»,
9. 92 ricominciò il cortese portinaio:
9. 93 «Venite dunque a' nostri gradi innanzi».

9. 94 Là ne venimmo; e lo scaglion primaio
9. 95 bianco marmo era sì pulito e terso,
9. 96 ch'io mi specchiai in esso qual io paio.

9. 97 Era il secondo tinto più che perso,
9. 98 d'una petrina ruvida e arsiccia,
9. 99 crepata per lo lungo e per traverso.

9.100 Lo terzo, che di sopra s'ammassiccia,
9.101 porfido mi parea, sì fiammeggiante,
9.102 come sangue che fuor di vena spiccia.

9.103 Sovra questo tenea ambo le piante
9.104 l'angel di Dio, sedendo in su la soglia,
9.105 che mi sembiava pietra di diamante.

9.106 Per li tre gradi sù di buona voglia
9.107 mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi
9.108 umilemente che 'l serrame scioglia».

9.109 Divoto mi gittai a' santi piedi;
9.110 misericordia chiesi e ch'el m'aprisse,
9.111 ma tre volte nel petto pria mi diedi.

9.112 Sette P ne la fronte mi descrisse
9.113 col punton de la spada, e «Fa che lavi,
9.114 quando se' dentro, queste piaghe», disse.

9.115 Cenere, o terra che secca si cavi,
9.116 d'un color fora col suo vestimento;
9.117 e di sotto da quel trasse due chiavi.

9.118 L'una era d'oro e l'altra era d'argento;
9.119 pria con la bianca e poscia con la gialla
9.120 fece a la porta sì, ch'i' fu' contento.

9.121 «Quandunque l'una d'este chiavi falla,
9.122 che non si volga dritta per la toppa»,
9.123 diss'elli a noi, «non s'apre questa calla.

9.124 Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa
9.125 d'arte e d'ingegno avanti che diserri,
9.126 perch'ella è quella che 'l nodo digroppa.

9.127 Da Pier le tegno; e dissemi ch'i' erri
9.128 anzi ad aprir ch'a tenerla serrata,
9.129 pur che la gente a' piedi mi s'atterri».

9.130 Poi pinse l'uscio a la porta sacrata,
9.131 dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti
9.132 che di fuor torna chi 'n dietro si guata».

9.133 E quando fuor ne' cardini distorti
9.134 li spigoli di quella regge sacra,
9.135 che di metallo son sonanti e forti,

9.136 non rugghiò sì né si mostrò sì acra
9.137 Tarpea, come tolto le fu il buono
9.138 Metello, per che poi rimase macra.

9.139 Io mi rivolsi attento al primo tuono,
9.140 e "*Te Deum laudamus*" mi parea
9.141 udire in voce mista al dolce suono.

9.142 Tale imagine a punto mi rendea
9.143 ciò ch'io udiva, qual prender si suole
9.144 quando a cantar con organi si stea;
9.145 ch'or sì or no s'intendon le parole.
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